Mamme al lavoro: ecco come deve fare una futura mamma per essere tutelata e garantire salute e benessere psicofisico a sè stessa e il suo bambino.
L'articolo 3 della legge 1204/71 asserisce che è vietato adibire al trasporto e al sollevamento pesi, nonchè ai lavori pericolosi, faticosi e insalubri le lavoratrici durante il periodo di gestazione e fino a sette mesi dopo il parto. Successivamente, il decreto legislativo 645/96 ha precisato che, fra i lavori considerati pericolosi, faticosi e insalubri, vanno compresi quelli che comportano il rischio di esposizione della lavoratrice ad agenti chimici o fisici considerati nocivi (ad esempio colpi, vibrazioni meccaniche rumori, radiazioni e brusche variazioni di temperatura), agenti biologici (come virus della rosolia e toxoplasmosi) a meno che la lavoratrice non sia immune dal contagio; processi industriali pericolosi (quali la lavorazioni di sostanze particolari).
Queste leggi sono state confermate nel decreto legislativo 151 del 26 aprile 2001, che contiene il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità.
Il datore di lavoro deve valutare i rischi per la sicurezza e la salute della donna in gravidanza e decidere le misure da adottare per prevenirli o porvi rimedio. Nel caso ritenga che vi siano dei rischi, il datore di lavoro deve modificare condizioni e orario di lavoro della lavoratrice. Se ciò non fosse possibile è allora necessario adibire la lavoratrice ad altre mansioni, senza che questo modifichi qualifica e retribuzione.
Qualora anche lo spostamento a nuove mansioni risultasse impossibile, il datore di lavoro deve anticipare alla donna il periodo di astensione obbligatoria. Dovrà comunque informare l'ispettorato del lavoro di qualsiasi provvedimento venga preso.
Tali privilegi e garanzie spettano solo alle lavoratrici che abbiano reso noto il loro stato di gravidanza, puerperio o allattamento al datore di lavoro presentando un certificato medico.