Il senso di colpevolezza dei genitori conduce a problemi di educazione
In altri articoli è stato discusso di alcune situazioni in cui i genitori possono sentirsi un po' colpevoli verso un figlio. Eccovi altri casi:
- la madre che va al lavoro convinta di trascurare il figlio;
- i genitori che hanno un figlio affetto da un handicap fisico o psichico;
- quelli che hanno adottato un bambino e si sentono in dovere di fare sacrifici sovrumani;
- quelli che hanno studiato psicologia infantile e ritengono di dover fare qualcosa di eccezionale del loro figlio, proprio perché quello è il loro campo.
Qualunque sia la causa del senso di colpevolezza, esso tende a interferire con l'educazione del bambino. I genitori sono portati ad aspettarsi troppo poco dal bambino e troppo da loro stessi, troppo spesso cercano di essere pazienti quando in realtà sono esausti e il bambino ha invece bisogno di essere ripreso o di essere guidato. Come l'adulto, anche il bambino sa di comportarsi con cattiveria o disubbidienza anche se il genitore cerca di chiudere un occhio; si sente colpevole, dentro di sé, e vorrebbe essere fermato. Ma, se non viene rimproverato e frenato si comporta sempre peggio, in modo talvolta così provocante che il genitore perde la pazienza e lo punisce eccessivamente; così torna la tranquillità.
Ma, purtroppo a volte succede che il genitore si vergogna di avere perso le staffe e si sente colpevole; allora torna sui propri passi e lascia che il bambino a sua volta lo punisca. Talvolta rinuncia a metà della punizione o permette che il bambino risponda con male parole oppure finge di non vedere se si comporta male di nuovo.
Tutto ciò vi sembrerà innaturale o complicato; se non riuscite a immaginarvi un genitore che fa finta di non vedere una marachella o, peggio, che la incoraggia vuol dire che voi non avete complessi di colpa. In realtà questo senso di colpa non è raro. Succede alla maggior parte dei genitori di lasciarsi talvolta sfuggire di mano i loro bimbi, quando sentono di essere stati ingiusti o di averli trascurati, ma in genere riprendono rapidamente il controllo. Tuttavia, quando un genitore dice: “ Tutto quello che questo bimbo dice o fa, mi dà sui nervi”, è un chiaro segno che egli si sente colpevole e di conseguenza è sempre sottomesso e cede fin troppo ai capricci del bimbo, il quale reagisce all'eccessiva tolleranza con un costante atteggiamento di provocazione. Nessun bambino diventa indisponente per caso.
Se i genitori riescono a determinare in che cosa sono troppo indulgenti e di conseguenza sono in grado di imporre l’educazione, potranno, se non si sono sbagliati nella diagnosi, scoprire con gioia che il bimbo diventa non soltanto più bravo, ma anche più sereno. A questo punto riusciranno ad amare di più il bimbo, il quale a sua volta sarà felice di ricambiare questo affetto.
Si può viziare un neonato?
I vizi
È un problema che si presenta già nelle prime settimane se il bambino, invece di dormire, si agita molto. Lo prendete in braccio e lo cullate; egli smette di piangere, ma ricomincia appena lo rimettete giù. Non dobbiate preoccuparvi di viziare il bambino, prima dei 2 mesi. È probabile che non si senta bene, o è un po’ infelice, e il movimento o il semplice calore che riceve sull’addome quando è in braccio possono bastare a calmarlo. Se anche gli avete dato dei vizi in tenera età, potete toglierglieli facilmente nei primi 4 o 5 mesi.
Siate più severi dopo i tre mesi
Di solito dopo i 3 mesi le cause più frequenti di malessere scompaiono. Anche quelli che soffrono di coliche o sono molto nervosi, dopo i 5 mesi migliorano. Pochi bambini persistono nelle coliche gravi dopo i 4 - 5 mesi: le crisi si alternano a periodi di distensione sempre più lunghi. Naturalmente è facile che siano un po’ viziati, se sono stati tenuti molto in braccio. È giunto il momento di essere un po’ più rigidi, non tutto di un tratto, ma a poco a poco. Per esempio, quando lo mettete a letto, eventualmente lasciatelo pure lamentarsi un poco.
Il genitore troppo disposto a divertire il bambino
È facile che il bambino prenda qualche vizietto se la mamma (o il papà o la nonna) si diverte tanto col piccino che lo fa sempre giocare quando è sveglio, portandolo in braccio, facendolo saltare sulle ginocchia o ballare o ridere. A poco a poco il bambino non sarà più capace di divertirsi da solo; si sentirà trascurato e abbandonato e piangerà per attirare l’attenzione. Il gioco diventa allora una schiavitù per i genitori che non sapranno più come uscirne.
Genitori troppo accondiscendenti
Se la mamma è pronta a prendere in braccio il bambino e a portarlo in giro ogni volta che si agita, dopo un paio di mesi si accorgerà che il bambino tende le braccia per esser preso su per tutto il tempo che rimane sveglio. Se la mamma continua a cedere, egli si renderà conto molto presto che può far ciò che vuole di lei e diventerà sempre più tirannico ed esigente. La mamma allora si sentirà infelice e proverà sentimenti ostili verso il figlio. Si sentirà colpevole e, inoltre, non saprà come porre un rimedio al pasticcio in cui si trova.
In che modo i genitori viziano i figli?
Come mai succede che i genitori siano portati a viziare i loro figli? Prima di tutto, ciò accade di solito con il primogenito e in quella situazione ci comportiamo un po’ tutti così. Per molti il primo bimbo è come se fosse il giocattolo più affascinante che sia al mondo. Ma non c’è solamente questo sentimento di fierezza e di gioia, c’è anche da parte dei genitori una tendenza a proiettare sul primogenito tutte le loro ansie, tutti i loro timori, nonché le loro speranze. C’è poi un nuovo senso di ansietà per i genitori che deriva dal fatto che si sentono ora completamente responsabili nei confronti di questa creaturina indifesa. Se il bimbo piange, sentono che è loro dovere fare qualche cosa per assicurare felicità e sicurezza al loro bimbo.
Col secondogenito si acquista un senso maggiore delle proporzioni e più sicurezza di sé. Si sa ormai che se gli si deve negare qualche cosa, lo si fa per il suo bene e non vi sentirete colpevoli perché il vostro atteggiamento è equilibrato e saggio.
Ma alcuni genitori sono più portati di altri a viziare i figli; per esempio:
- quelli che hanno avuto un figlio dopo molti anni di matrimonio e temono di non averne altri;
- quelli che hanno poca fiducia in se stessi, che diventano schiavi del figlio e si aspettano da lui i più brillanti risultati;
- quelli che hanno adottato un bambino e si ritengono in dovere di fare i maggiori sacrifici;
- quelli che hanno un’infarinatura di psicologia e di medicina o di puericultura e si ritengono obbligati a dimostrare le proprie capacità;
- quelli che si vergognano di irritarsi col bambino e gli concedono tutto;
- genitori ansiosi di natura, che non sopportano il pianto del bambino.
Tutti questi genitori hanno troppo desiderio di sacrificare le proprie comodità e i propri diritti e troppa ansia di dare al bambino tutto quel che chiede. Ciò non sarebbe male se il bambino sapesse quel che è lecito chiedere. Ma, poiché non lo sa egli, si attende dai genitori una guida ferma e decisa. Quando essi sono incerti, si sente a disagio. Se ogni volta che strilla, essi lo prendono in braccio, come se fosse “assurdo” lasciarlo nella culla, anch’egli imparerà a trovarlo “assurdo” e diventerà sempre più esigente (ogni essere umano tende a imporsi a una persona istintivamente remissiva).
Come togliere i vizi?
Più presto individuate il problema, più facile sarà risolverlo. Per ritornare sulla buona strada è necessaria molta buona volontà e fermezza, ricordando che le eccessive pretese e la troppa dipendenza sono un male per il bambino, e anche per i genitori, che invece devono avere un atteggiamento equilibrato e fermo proprio per il suo bene. La mamma dovrà farsi un programma di lavoro, in modo da essere sempre occupata quando il bambino è sveglio. Seguite questo programma rigidamente per farvi coraggio e per convincere il bambino della vostra fermezza. Ripetetevi che voi siete la madre di un bambino che ha il vizio di essere sempre preso in braccio. Se lui si agita e solleva le braccine, spiegategli in modo calmo ma deciso che dovete assolutamente terminare un certo lavoro quel pomeriggio stesso. Anche se non capirà quello che dite, capirà il significato del tono della voce. Continuate a dedicarvi a quello che stavate facendo. Naturalmente il primo giorno non vi sarà facile. Alcuni bimbi accettano più di buon grado il cambiamento se la madre non si fa vedere e parla molto poco, questo lo aiuta a concentrarsi su qualcos’altro. Altri invece preferiscono vedere la madre e sentirla parlare anche se essa si rifiuta di prenderli in braccio. Quando poi decidete di giocare un po’ con lui, sedetevi sul pavimento vicino al bimbo, ma senza prenderlo in braccio. Lasciate che si arrampichi tra le vostre braccia, se vuole: se ne andrà spontaneamente quando si renderà conto che non siete disposta a prenderlo in braccio e a farlo passeggiare per la stanza. Se invece lo fate, vedrete che comincerà a protestare quando lo rimettete giù. Se mentre siete seduta vicino a lui sul pavimento continua a frignare, lasciatelo solo e trovatevi un’altra cosa da fare.
Il bambino che ha difficoltà ad andare a letto
È una manifestazione che compare a poco a poco e quasi senza che ve ne accorgiate. Una bambina che nei primi mesi è stata abituata a essere cullata in braccio per una forma di colica, e ai genitori sembrava giusto farlo perché la bambina soffriva, ora non vuol più dormire da sola, anche dopo i 4 mesi, quando sta bene, e pretende che i genitori la tengano in braccio per ore; fa ogni sforzo per restare sveglia fino alle 21, alle 22, a mezzanotte, anche se casca dal sonno; appena la mamma la mette nel lettino, ricomincia a urlare, come se volesse dire: “Ehi, donna, muoviti, fai qualche cosa per me!”.
Tale situazione, se continua, esaurisce genitori e bambino che diventano sempre più nervosi. La bambina tende a diventare irritabile anche di giorno ed a mangiare meno volentieri. L’unica soluzione è di metterla a letto presto, augurarle la buona notte e uscire decisamente dalla stanza. La maggior parte dei bambini allora urlano o piangono anche per venti o trenta minuti la prima sera, poi, quando vedono che non succede nulla, si addormentano. La seconda sera piangono dieci minuti, la terza si addormentano placidamente.
È arduo sopportare questo pianto, specialmente per i genitori dal cuore tenero che pensano subito al peggio; o che la sua testa è chiusa fra le sbarre del lettino, o ha vomitato, o si è scoperta, o è in preda al panico perché si sente sola; ma, dalla rapidità con cui si risolvono questi problemi del sonno nel primo anno di vita, è probabile che in tali casi i bambini piangano soltanto per rabbia. Non camminate in punta di piedi in camera sua, per lasciarla tranquilla o per darle la sensazione che siete vicina. Ciò la irriterà ancora di più. Se urla o piange svegliando gli altri membri della famiglia o i vicini, tappate bene porte e finestre, spiegate che il disturbo durerà ancora poco, pregando di avere un po’ di pazienza.
Il bambino che si sveglia di notte
È un bambino che solitamente si addormenta tranquillamente, ma si sveglia regolarmente a metà notte. Talvolta l’abitudine inizia contemporaneamente ad un raffreddore, ad una otite o durante la dentizione. Se si dà al bambino l’abitudine di correre da lui appena si gira nel lettino o se piagnucola perché è in posizione scomoda (piccoli e adulti si svegliano a metà molte volte, durante la notte, per cambiare posizione), imparerà non soltanto a svegliarsi completamente, ma anche a voler giocare per ore e voler compagnia. Esistono casi di bambini cullati 3 o 4 ore ogni notte esasperando se stessi e i genitori.
Il rimedio anche in questo caso non è difficile. Il miglior sistema sarà quello di lasciarlo piangere per due o tre notti senza correre da lui. La prima notte probabilmente piangerà per venti o trenta minuti (che vi sembreranno un’eternità), la seconda notte per dieci minuti e la terza non si sveglierà del tutto. È necessario però che il bambino non veda per niente i genitori quando si sveglia. Sarà bene quindi mettere il lettino in un’altra stanza se possibile. Questo è molto importante perché, se il bambino vede i genitori, anche se essi fanno finta di dormire, si arrabbierà e continuerà a piangere. Se non avete un’altra stanza a disposizione, basterà una tenda o un paravento di separazione per impedire al bambino di vedere i genitori.
Il bambino viziato che vomita
Alcuni neonati (e anche bambini piccoli) vomitano facilmente quando sono arrabbiati. Il genitore si agita e lo dimostra con occhiate ansiose, affrettandosi a pulire tutto, ad essere più gentile dopo ed accorrendo immediatamente appena il bambino ricomincia a urlare. Il bambino impara la lezione ed è probabile che vomiti volontariamente alla successiva occasione. Si spaventerà anche lui del suo vomito perché vede i genitori spaventati. È importante a questo punto che i genitori mostrino un atteggiamento fermo davanti al bambino, se pensano che lui stia usando il vomito per schiavizzarli al suo volere. Se essi stanno tentando di togliergli l’abitudine di fare i capricci per andare a letto a una certa ora, debbono cercare di fare ciò che si sono prefissi senza intenerirsi. Se vomita, lo cambieranno dopo averlo messo a letto e dopo che si è riaddormentato.
Ad un bambino piccolo evitate di dire “vuoi fare?”, ma fate ciò che è necessario
È facile cadere nell'abitudine di dire a un bambino piccolo:
- Vuoi metterti sul seggiolone e mangiare la pappa?
- Vogliamo vestirci ora?
- Vuoi fare la pipì?
Il male è che la risposta naturale del bambino, specialmente da uno a tre anni, è “no”. Allora il genitore deve persuaderlo a cedere in qualcosa che era comunque necessaria. Le discussioni esigono migliaia di parole. È meglio non offrire nessuna scelta. Quando è ora di colazione conducetelo o portatelo a tavola, chiacchierando ancora con lui di ciò che stava facendo prima. Quando vi accorgete da qualche segno che deve andare al gabinetto, conducetelo oppure portategli il vasino. Incominciate a spogliarlo senza neppure ricordargli lontanamente ciò che state per fare.
Forse penserete che è necessario piombare su di lui e prenderlo alla sprovvista. L’atteggiamento più giusto non è proprio questo. Infatti, ogni volta che distraete il bambino da qualcosa che lo occupa, è meglio usare molto tatto. Se vostro figlio di quindici mesi è occupato a mettere un dado di legno sopra un altro al momento della cena, potete portarlo a tavola mentre tiene ancora in mano i suoi dadi e portarglieli via quando gli porgere il cucchiaio. Se il vostro piccolo di 2 anni gioca con un cagnolino di pezza all'ora di andare a letto, potete dirgli: “Ora mettiamo a letto il cane”. Se il vostro bimbo di 3 anni spinge un'automobilina sul pavimento quando è l'ora del bagno, potete suggerirgli che la macchina può fare un lungo viaggio fino al bagno. Quando manifestate interesse per ciò che sta facendo, lo mettete di buon umore e nelle migliori disposizioni per collaborare.
Quando il bambino sarà più grande, andrà meno soggetto a distrazioni, si concentrerà di più. Allora sarà meglio fargli qualche affettuoso suggerimento. Se un bimbo di quattro anni ha trascorso mezz'ora a costruire un garage con i dadi, potete dirgli: “Ora mettici presto le macchine; voglio vederle tutte dentro prima che tu vada a letto”. Con questo si ottiene di più che insistendo con lui senza avvisarlo, quando la parte più entusiasmante del gioco deve ancora venire, oppure dandogli un aspro avvertimento, come se vedeste nel garage soltanto la baraonda che ha fatto sul pavimento. Tutto ciò vuol dire pazienza, e non sempre la si ha.
Le crisi di rabbia del bambino
Quasi ogni bambino da uno a tre anni avrà qualche crisi di collera. Egli comincia a capire quali siano i nuovi desideri e la sua individualità. Quando viene contrariato, capisce e si arrabbia. Eppure di solito non attacca la persona che lo ha contrastato. Forse pensa che l'adulto sia troppo importante e troppo grande. Inoltre il suo istinto per la lotta non è ancora bene sviluppato.
Quando il sentimento della furia ribolle in lui, non sa pensare a nient’altro di meglio che sfogarla gettandosi sul pavimento. Si agita, strilla e sbatte le mani e i piedi e magari sbatte anche la testa.
Crisi di collera una volta ogni tanto non significano nulla; sono legate a qualche contrarietà. Se succedono regolarmente, parecchie volte al giorno, può significare che il bambino si stanca troppo o ha qualche disturbo che necessita di essere osservato da uno specialista dell’età evolutiva (Neuropsicomotricista) . Le crisi frequenti sono dovute più spesso al fatto che i genitori non hanno ancora imparato a trattare il bambino con tatto. Vi sono in tal caso diverse domande da fare.
- Il bambino ha molte occasioni di giocare fuori liberamente, in un posto dove i genitori non devono continuamente dargli la caccia e dove ci sono cose da spingere, da tirare e su cui arrampicarsi?
- In casa ha sufficienti giocattoli e attrezzi casalinghi con cui giocare e la casa è sistemata in modo che i genitori non debbano continuamente proibirgli di toccare cose pericolose?
- Forse sono gli stessi genitori che, senza rendersi conto, alimentano la sua cocciutaggine dicendogli di venire a mettersi la camicia, invece di infilargliela senza commenti, chiedendogli se vuole andare al gabinetto, invece di condurvelo o di portargli il vasino?
- Quando per il bimbo è il momento di dover interrompere il suo gioco per mangiare, il genitore lo avvilisce oppure attira la sua attenzione su qualcosa di piacevole?
- Quando vede avvicinarsi una crisi, la affronta decisamente oppure cerca di distrarre il bambino con qualcosa d'altro?
Non potete evitare tutte le crisi di collera. Non sarebbe naturale se il genitore avesse tanta pazienza e tatto. Quando la crisi si scatena, cercate di rimanere indifferente e aiutare vostro figlio a superarla. In ogni momento non dovete cedere e umilmente lasciar fare il bambino a modo suo, altrimenti avrebbe sempre qualche crisi volontaria. Non discutete con lui, perché non è nello stato d'animo di vedere il proprio sbaglio. Arrabbiandovi lo costringete soltanto a insistere nel suo modo d'agire. Offritegli un modo elegante per uscirne. Un bambino si calma più presto se i genitori si allontanano per badare alle loro faccende, con decisione, come se la cosa non li interessasse. Un altro, dotato di maggiore volontà e orgoglio, continua a urlare e a dibattersi per un'ora finché i genitori non fanno un gesto affettuoso. Possono suggerirgli di fare qualcosa di divertente, e abbracciarlo per dimostrargli il desiderio di far la pace, appena la bufera è passata.
È imbarazzante avere un bambino che si mette a fare i capricci in mezzo alla strada affollata. Prendetelo in braccio con una risata, se ci riuscite, e trascinatelo in un posto tranquillo, dove entrambi possiate calmarvi senza testimoni.
Un’altra manifestazione di collera può essere quando trattiene il respiro, diventa cianotico e anche perde conoscenza per qualche minuto. Questo può spaventare moltissimo i genitori che dovranno imparare a trattarlo razionalmente perché il bimbo non prenda questo vizio.